Le resine sono sostanza vive, ghiacciate nella scorza del tempo,
masticate da voci animali che ne rendono ogni goccia autentica
creazione d’arte naturale. Penso sempre a loro, quando osservo le
visioni fatte a forma di quadri di Iacopo. Resine piene di sfumature
e di tinte orgiastiche. Sono precisi organi geometrici, questi quadri
materici. Sono tondi, quadrati, rettangolari, sono pieni. Di colori e
di mappe di striature semplici. I colori sono le tracce di un gesto,
si fanno solco pregiato, raccontano la scia, le direzioni di un
percorso che da mente diventa polvere impressa e compressa. Quando si
osservano questi quadri si immagina un tavolo da lavoro lungo e
impolverato, si cercano tra le colonne dei pastelli resinati le
simmetrie di una mano decisa, che segue esattamente il percorso che è
già delineato altrove. Nel suo pensiero vivido e contundente. Allora
appare un desiderio speciale. Cercare proprio le misure del pensiero,
che arzigogolate ridiventano dritte manipolazioni del proporsi di
un’idea. I colori decisi intravedono margini e perimetri. Li
sussurrano, evocano, li celebrano. I polpastrelli, se scivolanti su
queste porzioni di materia, si sentono solleticati, perché invasi e
non delicati. Si avvertono brame piene di dossi lignei, di piccole
salite, discese, dorsi pieni di strade e di cordoni di mezzerie. Ogni
coriandolo di colore ha una sua dignità ostentata. Un suo soave e
coriaceo passaggio in sostanza. Sono quadri fatti a forma di una
realtà che non esiste, sono molli costrutti senza ostentazioni, se
non quelle divelte di un materiale profumato che si insinua in un
letto di percezioni nuove. Sono quadri statuari, arginati solo da
quello che si pensa ci sia dietro. Possiedono linee, cerchi, buchi,
solchi che hanno le stessa fertilità di un campo arato, con le sue
armoniche direzioni orizzontali e verticali. Bustrofediche. I quadri
mantengono profumi odoranti e una fragranza da balsamo, indurito solo
da quel vento divenuto istante rigido. Quadri resi etimologie del
tempo impiegato a costruirli, a renderli fissaggi del sole nel legno.
Ogni sostanza poggiata su quella trave decisa e prescelta ha in sé
il corpo della natura. Ogni singolo anfratto ne è depositario in
modo elegante e nobile, unico. Sì, in quel momento ogni particella è
diventata unica e simbiotica. Torna al suo bivio di origine. Ho
parlato di ‘quadri’, ma sono germogli di pensiero fatti di acqua,
terra, sole, che hanno avuto complice il mercato della terra per
potersi manifestare. Parlo del suo autore. Amico, esperto di occhi
per osservare il mondo, mente in viaggio, padre di ogni cosa che
porta il suo nome e le sue mani come ospite stimato. Parlo di chi ho
incontrato casualmente, nell’entropia del mondo, e salutandolo non
vista l’ho infilato nelle mie parole, sapendo esattamente dove esse
andavano a collocarsi, tra le trame variopinte del suo colloso e
diligente modo di raccontare il suo universo. Onorata di averlo
potuto conoscere e di averlo potuto raccontare. Ora e in passato.
Macchiato di futuro.
Valentina Pagnan
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